Export in Medio Oriente: una storia diversa

Il Medio Oriente continua a tenere banco e va in controtendenza: le esportazioni italiane verso questo Paese fanno registrare un +50%, nell'arco degli ultimi 5 anni (dati 2023), grazie soprattutto all'audacia delle imprese del Trentino Alto Adige.
La stabilizzazione delle quote di mercato che hanno preceduto la crisi sanitaria è stata un primo segnale incoraggiante nonostante il Covid-19 abbia scosso le posizioni e colpito i settori di specializzazione dell’economia italiana. Oggi, il mercato internazionale resta un punto di riferimento essenziale per le aziende del Bel Paese. In un’economia globale afflitta dall’inflazione e dall’aumento dei tassi, il potenziale di crescita di alcune aree geografiche continua a resistere.

 

L'effetto del Covid sull'export

Il movimento di stabilizzazione delle quote del mercato delle esportazioni è cominciato nel 2012, in maniera disomogenea, rispetto alle varie aree geografiche. La riduzione del numero di esportatori italiani, costante a partire dai primi anni 2000, si è arrestata: secondo i dati doganali, dopo il picco di 131,8 mila imprese esportatrici nel 2000, gli operatori hanno raggiunto il minimo storico di 116,1mila nel 2011, per poi risalire e raggiungere il massimo storico di 145,7 migliaia nel 2022. Tra queste aziende esportatrici, 79 migliaia, ovvero il 51% del totale, hanno operato nell'Unione europea, realizzando in questa area il 69% dei ricavi da esportazione.

La crisi imposta dal Covid-19 ha avuto un impatto significativo sui settori di specializzazione delle esportazioni italiane, che non hanno ancora ritrovato, di fatto, il loro livello di produzione pre-crisi. L'Italia ha perso, in totale, 1,3 punti di quota di mercato in valore per le esportazioni verso l’Eurozona tra il 2019 e il 2022, un calo tuttavia inferiore a quello osservato in Paesi forti, come la Germania (−2,3).


L'economia rallenta ma il potenziale è significativo e resiliente

 La normalizzazione delle quote di mercato dell'esportazione è cominciata nel secondo trimestre del 2023, grazie soprattutto alla ripresa di alcuni settori trainanti. La sfida internazionale rimane essenziale per le imprese italiane, in un contesto di deterioramento delle partite correnti.
L’industria del Bel Paese, al pari di quella europea, deve ancora affrontare venti contrari (prezzi dell’energia, inflazione, American Reduction Act, etc.), tuttavia la recente riduzione delle differenze nei costi salariali tra italiani ed europei, nonché l'assottigliamento delle imposte sulla produzione sono tutti supporti per un dispositivo industriale che finora ha saputo preservare i propri margini nonostante l'aumento dei costi dell’energia e delle materie prime, durati oltre un anno e mezzo. L'Italia può contare su settori di esportazione di cui detiene ancora quote mercato relativamente alte o in piena espansione. È urgente, però, affrontare il potenziale dei mercati internazionali. Anche se l’economia globale è attualmente penalizzata dal ritorno dell’inflazione e dall'aumento dei tassi di interesse, alcune aree continuano a configurarsi come solide prospettive di crescita.

A livello geografico, sulla base delle previsioni, entro il 2028 dovrebbero essere diversi gli ambiti di potenziale crescita, a causa dell'aumento del PIL pro capite e anche del volume previsto delle importazioni. Tra i Paesi più in crescita, figurano le regioni emergenti dell'Asia e dei PECO (le due aree con il più alto potenziale esportazione), seguiti da MENA e Africa sub-sahariana.

 

Export in Medio Oriente: fuori dalla crisi

A livello nazionale, dopo due anni complicati, le esportazioni italiane verso i Paesi del Golfo stanno registrando un notevole miglioramento. Nella prima metà del 2023 sono tornate ai livelli pre-pandemia. I dati mostrano una crescita del 25% su base annua, il più grande aumento, nell'arco di un lustro.
Tra i settori più forti risultano sicuramente l'agroalimentare, l'arredamento, la cosmetica e il tessile, che hanno raggiunto ottime performance, controbilanciando gli effetti negativi dell'impennata dei prezzi del petrolio, accentuati dal deprezzamento dell'euro.

 

La stagnazione è ormai storia

Fino al 2018, la situazione delle esportazioni italiane in Medio Oriente era stagnante. Per quasi tre anni, la situazione non ha mostrato progressi di rilievo, limitandosi a una ventina di paesi arabi, per un totale di 27 miliardi di euro. L'export della seconda metà degli anni '10 ha raggiunto i 6.655 miliardi di euro nel secondo trimestre del 2018, quindi il 6% circa del totale delle esportazioni. Un risultato deludente, a fronte della consapevolezza che l'immagine dell'Italia era largamente apprezzata soprattutto nel mondo arabo, con 370 milioni di consumatori e la qualità di beni e servizi riconosciuta. Alla vigilia della pandemia sanitaria, dunque, le esportazioni risultavano eccessivamente concentrate, dato che cinque paesi rappresentavano i due terzi delle vendite italiane, nell'ordine: Algeria, Arabia Saudita, Marocco, Tunisia e Qatar.

 

Riduzione del deficit commerciale

Il deficit commerciale dell'Italia con i 6 paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Emirati, Kuwait, Bahrein, Oman e Qatar) si è ridotto praticamente a zero nel primo semestre dell'anno, un risultato raro, se solo si pensa che nella prima metà del 2021 il disavanzo sfiorava i 2 milioni di euro. Ci si chiede adesso se questa tendenza sia destinata a persistere nel tempo o se, al contrario, si tratti solo di un effetto transitorio di ripresa, dopo la riapertura delle economie mondiali. Uno sguardo alla situazione regionale degli ultimi cinque anni e l'affermazione di una nuova generazione di leader locali con ambizioni economiche di apertura consentono un ragionevole ottimismo.

 

Volani dell'espansione

Sono 3 gli eventi recenti che hanno stimolato la presenza italiana nella zona del Medio Oriente
                         • l’Esposizione Universale di Dubai
                         • i Mondiali di calcio in Qatar 
                         • l’apertura sociale dell’Arabia Saudita, con il piano di riforma Vision 2030 che porta sulla                               sua scia la creazione di strutture completamente nuove.

Tutte finestre di opportunità per le industrie italiane ad alto valore aggiunto.

Ai tradizionali settori trainanti si è aggiunto di recente anche il comparto acclamato per la qualità dei suoi prodotti, un settore tech stimolato dalla sua rete di start-up e un’industria del turismo guidata dall'alberghiero.

 

Le PMI guadagnano slancio

L'ascesa delle PMI in questo successo tutto italiano è un fenomeno relativamente nuovo. Aiutate dagli enti pubblici, le piccole e medie imprese sono sbarcate sul mercato del Medio Oriente accompagnate da una politica proattiva che fa affidamento sulla rete diplomatica e sulle sue delegazioni. I clienti cercano principalmente partner a lungo termine e una cultura aziendale molto ancorata al contatto umano: la strategia di una PMI, insomma, è in definitiva la stessa dei grandi clienti, ma su scala diversa. La presenza sul posto è imperativa, se l'oboiettivo è quello di accumulare un capitale di conoscenze e di fiducia, e conquistare così i mercati.

 


Condizioni favorevoli

Perché il Medio Oriente resta una meta allettante per l'export made in Italy? Il merito è, innanzitutto, di un riforma recente che:

                  • permette agli investitori stranieri di detenere fino al 100% del capitale delle aziende locali 
                  • snellisce le procedure burocratiche di creazione delle società straniere
                  • abolisce l'obbligo che le società per azioni siano controllate da residenti negli Emirati                                   arabi.

Riforma a parte, però, esistono anche altri fattori economici che determinano la ripresa dell'espansione in Medio Oriente. La prima della lista è la cosiddetta FTZ (Free trade zone), all'interno degli Emirati Arabi, il Paese che ha maggiormente scommesso sugli investimenti stranieri. I vantaggi sono davvero rilevanti. All'interno di quest'area infatti:

                    • le aziende sono esentate dall'obbligo di reimpatrio dei capitali
                    • le società possono essere controllate al 100% da stranieri
                    • l'esenzione fiscale si applica a tute le imprese per un periodo minimo di 15 anni e                                             massimo di 50 anni, peraltro rinnovabile
                    • non si applicano dazi doganali nè restrizioni valutarie.

Tali condizioni hanno non solo incentivato l'ingresso di merci, ma anche di cervelli, realizzando una concentrazione di know how a dir poco invidiabile.

Non solo: la riforma dei visti datata 2021 ha introdotto due novità:

                    • il Green Visa, riservato a operatori del commercio e imprenditori
                    • il freelancer visa, dedicato ai lavoratori autonomi che operano nei settori blockchain,                                   fintech e AI.

 

Italia ed export in Medio Oriente: dal Trentino la migliore performance

I dati statistici parlano chiaro: c'è una regione, in Italia, per la quale il Medio Oriente, sotto il profilo delle esportazioni, detiene il primato per importanza, anche rispetto alla Cina. È il Trentino Alto Adige: qui Assoimprenditori e Confindustria hanno messo in atto ormai da oltre un quinquennio una politica di sostegno alle imprese, per aiutarle a incrementare le proprie vendite all'estero. Nel 2019, in particolare, è stata avviata una vera e propria missione in Medio Oriente e oggi le aziende ne raccolgono i frutti. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: tra il 2019 e il 2023, le esportazioni hanno fatto registrare un +50%. I volumi sono rilevanti: si è partiti da un valore di poco più di 70 milioni di euro che, lo scorso anno, ha superato quota 105 milioni di euro. All'Alto Adige appartiene la quota maggiore di questo risultato (87%).

Il Trentino Alto Adige, in realtà, ha fatto di necessità virtù: la scelta di esplorare nuovi mercati non è stata casuale, ma forzata. I disordini europei e l'assottigliarsi degli ordini nell'area euro hanno imposto la ricerca di nuovi sbocchi commerciali, mentre la Cina, tradizionalmente tra i clienti favoriti per l'export italiano, si è allontanata troppo a causa dei blocchi e del costo dei carburanti. L'imperativo, dunque, era: correre ai ripari. Ma dove? L'analisi delle condizioni commerciali favorevoli ha fatto orientare la scelta verso il Medio Oriente, dove gli scambi B2B, in particolare, si sono rivelati di successo. Si passa adesso alla fase di consolidamento di un'operazione che, per l'Italia, ha certamente lasciato il segno.