Sfide e soluzioni per l'energia rinnovabile e nucleare in Italia
L'Italia si trova a fronteggiare numerose sfide nella transizione verso fonti energetiche rinnovabili e nell'adozione del nucleare. Uno dei principali problemi è il mancato coordinamento tra le politiche energetiche nazionali e le iniziative locali, che spesso risultano contrapposte o incoerenti. Questa situazione causa un rallentamento nel processo decisionale e ostacola l'implementazione di nuovi progetti di energia rinnovabile.
La burocrazia e la complessità delle procedure amministrative sono un altro ostacolo significativo, che rende difficile per le imprese investire ed espandere la capacità produttiva nel settore delle energie rinnovabili. Inoltre, l'opposizione da parte delle comunità locali, preoccupate per l'impatto visivo e ambientale delle installazioni come le turbine eoliche, complica ulteriormente lo sviluppo delle infrastrutture energetiche necessarie.
Per quanto riguarda il nucleare, l'Italia affronta la sfida di reintegrare questa fonte nel suo mix energetico, una decisione complicata dalla mancanza di accettazione pubblica e dalla difficoltà di definire una strategia nazionale chiara e condivisa, a seguito dell'abbandono del nucleare dopo il referendum del 1987.
La dipendenza dell'Italia dall'importazione di energia e la vulnerabilità alle fluttuazioni dei prezzi globali dei combustibili fossili hanno ripercussioni economiche dirette, aumentando la vulnerabilità del Paese alle crisi energetiche esterne. Questo ritardo nella transizione energetica rischia di far restare l'Italia indietro rispetto ad altri Paesi europei nel raggiungere l'indipendenza energetica e la sostenibilità.
È essenziale per l'Italia superare questi ostacoli e accelerare i suoi sforzi nella transizione energetica. Questo implica un miglior allineamento tra le politiche a livello nazionale e locale, la semplificazione delle procedure burocratiche e lo sviluppo di una strategia che includa il sostegno e il coinvolgimento delle comunità locali.
Incentivi per le comunità energetiche rinnovabili: nuove opportunità per le PMI in Italia
Dall'8 aprile è possibile accedere a nuovi incentivi per la creazione di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) in Italia, mirati a coinvolgere le piccole e medie imprese nella transizione ecologica. Queste comunità sono formate da almeno un produttore e un consumatore, come un'impresa che produce energia rinnovabile e i suoi dipendenti o vicini come consumatori. Le CER devono essere costituite legalmente come entità giuridiche non profit.
Alberto Villa di Viessmann Italia spiega che l'energia rinnovabile generata viene in parte autoconsumata e il resto immesso in rete per essere condiviso con i membri della comunità, portando benefici ambientali, economici e sociali. Questi vantaggi includono la decarbonizzazione, il risparmio economico e l'autonomia energetica, che a sua volta riduce la dipendenza dai fornitori tradizionali e supporta il tessuto sociale locale attraverso il reinvestimento dei guadagni.
I nuovi incentivi includono una tariffa incentivante che varia da 100 a 130€/MWh, calcolata sull'energia condivisa, e un contributo a fondo perduto che copre il 40% delle spese per l'installazione di impianti fotovoltaici, disponibile solo nei comuni con meno di 5.000 abitanti. Questo aiuta a ridurre i tempi di recupero dell'investimento. Per ottenere il contributo, le aziende devono presentare una richiesta telematica sul portale "SPC - Sistemi di Produzione e Consumo". Villa sottolinea l'importanza di un'accurata valutazione del dimensionamento dell'impianto per massimizzare i risparmi, consigliando di affidarsi a installatori qualificati per valutazioni dettagliate e proposte personalizzate.
Prospettive: grande potenziale di espansione
Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, ha evidenziato al Festival dell'Economia di Trento che il potenziale di crescita degli investimenti green in Italia è significativo. Nel biennio 2021-2022, solo il 5,7% delle imprese italiane con almeno 3 dipendenti ha utilizzato fonti energetiche rinnovabili, percentuale che sale al 10,4% considerando specificamente l'industria. Quest’adozione è più lenta nelle piccole imprese.
De Felice ha sottolineato l'importanza del piano Transizione 5.0, che dovrebbe accelerare gli investimenti green nei prossimi anni, pur rimarcando la necessità di emettere rapidamente i decreti attuativi per facilitare questo processo. Ha inoltre menzionato che le imprese distrettuali con maggiore redditività hanno una quota più elevata di autoproduzione energetica (16,6%), rispetto ad altre aziende (11,6%).
L'evento ha anche evidenziato quanto è importante integrare competenze specializzate nelle aziende, con Unioncamere che prevede che nel quinquennio 2024-2028 oltre il 40% dei lavoratori richiesti dalle imprese dovrà possedere competenze avanzate nel settore green.
Massimo Deandreis, direttore del Centro Studi Srm collegato a Intesa Sanpaolo, ha discusso le sfide dell'UE nel raggiungere la carbon neutrality, indicando l'importazione di energia rinnovabile dal Nord Africa come una soluzione necessaria, data l'insufficienza delle sole fonti europee. Questo includerebbe l'utilizzo di reti esistenti e gasdotti che arrivano ai porti italiani.